
TORNARE A CASA
Un ritorno alla propria terra... ma è rimasta solo quella. Queste toccanti foto dell'esodo potrebbero essere la copertina del nostro giornale.
Leonardo Pietralunga
Un ritorno alla "normalità", uno finto stato di tranquillità e pace che in realtà maschera la paura e la sempre più profonda cicatrice di un popolo che a me piace definire "tremante" di fronte a ideologie estreme troppo pesanti da sopportare.Insomma, queste immagini che vediamo nei giorni in cui si liberano gli ostaggi non sono altro che l'espressione si di un fuoco spento ma, come dice Fogliazza in un suo post, di braci che continuano ad ardere nelle ideologie comuni: esiste o esisterà mai normalità dopo tutto ciò? Come si potrà dare agli abitanti di Gaza un motivo per avere ancora fede nell'umanità senza provare rabbia? Che strazio si prova a vedere la propria Terra martoriata e usata come scacchiera di inutili conflitti per interessi personali? Sinceramente penso che a queste domande non ci siano molte risposte, se non che i cittadini di Gaza saranno destinati a vivere in eterno sotto macerie fisiche e morali che sembrano essere sempre più vicine ad una condanna infernale che al cessate il fuoco di un conflitto.
Alessandro Micheloni
Migliaia di persone che vogliono solo rivedere la propria casa, famiglia e amici. Al loro ritorno a Gaza, però, non c’è più una casa ma soltanto un mucchio di quello che rimane di Gaza.
Il mio pensiero su ciò che i giornali fanno vedere mi pare straziante: migliaia di persone che si incamminano verso il “niente”. Molti di loro incontrano amici, famigliari superstiti, ma anche un deserto di macerie. Uomini, donne, bambini. Tutti senza una “vita”, tra chi è già morto e chi è morto dentro, nessuno di loro ora ha una vita vera e propria, una casa, degli amici con cui giocare al parco e del cibo davanti a cui sorridere quando si mangia. Tutto ciò perduto, distrutto. Solo perché sono Palestinesi.
Itan Hezzinberger