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L'ECO DI UN QUARTIERE

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La storia di Corvetto porta a ricordare l’episodio, avvenuto in Francia, dell’uccisione di Nahel Merzouk. Questo ragazzo, dell’età di 17 anni e studente in una scuola professionale a Nanterre, era stato ucciso da un agente di polizia per non aver rispettato l’alt delle Forze dell’Ordine. Di conseguenza parenti, amici e compari erano scesi in piazza per chiedere giustizia. Anche a Milano, l’episodio della morte violenta di Ramy, dopo uno scontro con una gazzella dei carabinieri ha acceso gli animi di parenti e amici o anche semplici conoscenti dello stesso quartiere - il Corvetto. appunto - che, a detta loro “solo per accendere i riflettori” sull’ingiustizia subita dai due ragazzi, hanno pensato bene di mettere a ferro e fuoco l’intera periferia della metropoli lombarda. Un aspetto del caso di Milano che però si differenzia da quello di Nahel sta nel fatto che Ramy e il suo amico tunisino, che è indagato assieme al carabiniere al volante della Giulietta, non si sono fermati allo stop dei carabinieri, che avevano creato un posto di blocco per dei normali controlli, iniziando una folle corsa per le vie della città; mentre Nahel una volta fermato dalla polizia francese, è stato ucciso con un colpo di pistola a bruciapelo, perché non aveva ubbidito al poliziotto che gli aveva ordinato di spegnere il motore dell’auto e scendere dal mezzo. A Milano nelle tasche del ragazzo tunisino sono stati trovati droga, circa duemila euro in contanti, una collanina spezzata e un coltello a serramanico. Nonostante ciò, il carabiniere è indagato e accusato di omicidio stradale. I due carabinieri sulla Giulietta hanno, infatti, inseguito i due ragazzi, che sfrecciavano anche contromano su uno scooter T-max fino al lato opposto della città. Il giudice si domanda se ci sia stato un contatto fra i due veicoli, circostanza da verificare, anche se recentemente i video raccolti durante le indagini sembrano provare lo speronamento, e che potrebbe cambiare il risultato finale del processo, portando all’arresto del carabiniere alla guida della volante. Intanto i fratelli "maranza", ragazzi dell’età di Elgaml di nazionalità straniera, chiedono giustizia per Ramy, cercando di interrompere il processo di emarginazione del quartiere Corvetto, iniziato alla fine della Seconda guerra mondiale, quando il quartiere si chiamava ancora Regina Elena, fino ad oggi, ma creando disordini e con la violenza. Sicuramente sono individui che non hanno fiducia nelle istituzioni e forse stanno cercando di mascherare i reati commessi da Ramy e Fares Bouzidi, perché si sentono “padroni” di quel territorio, trascurato dall’amministrazione, di fatto una specie di “zona franca” all’interno della realtà milanese. Stanno purtroppo lasciando un segno di distruzione all’interno della città, bruciando cassonetti, macchine e perfino autobus. L’esagerazione avviene a seguito di un episodio alquanto tragico per genitori e amici di Ramy, ma cercare di seppellire delle accuse di reato per furto e commercio illegale di droga, mi sembra doppiamente sbagliato. La naturale tendenza degli uomini di voler essere il massimo di quello che si è nel più breve tempo possibile, la bramosia di ambire sempre al massimo, all’eccesso, anche grazie all’episodio di Ramy, ci insegna che non bisogna intraprendere la strada dei soldi facili, perché nella vita bisogna fare sforzi e sacrifici per raggiungere i propri obiettivi ed essere soddisfatti e appagati dei risultati ottenuti. A volte ragazzi come Ramy sono quasi costretti a seguire “cattivi esempi”, proprio perché sono gli “unici” esempi che hanno, ad intraprendere la strada della droga, del furto e, alcune volte, anche dell’omicidio per scalare la società, percorrendo scorciatoie verso il “loro successo”, ma in modo illegale, danneggiando o meglio “violentando” i diritti altrui. E’ questa la giustizia che vogliono i ragazzi di Corvetto?Se si dovessero accertare delle colpe da parte dei carabinieri che inseguivano i due ragazzi quella tragica sera, la giustizia, quella “vera”, farà il suo corso, punendo severamente chi ha sbagliato, se non si partisse da questa certezza, sarebbe come tornare indietro di 1000 anni di storia, trasformando l’Italia da “culla del diritto” in un Paese incivile. Corvetto oggi è un quartiere ferito, diviso tra la ricerca di giustizia e il rischio di farsi travolgere dalla rabbia. Ma la giustizia non si ottiene con il fuoco né con la distruzione: si conquista con la verità e con il rispetto delle regole. Se errori ci sono stati, devono essere chiariti con le indagini, senza cedere subito alla legge del più forte. Altrimenti, più che cercare giustizia per Ramy, si rischia solo di affondare ancora di più un quartiere che merita riscatto, non rovina.

Leonardo Pietralunga

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