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PELLEGRINO DI DEMOCRAZIA

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Ciao, sono…, ho… anni e vengo dal…

Ecco, ora voi vi chiederete: qual è il tuo nome, qual è la tua età e da dove provieni...

Semplice, non lo so.

Infatti io non sono figlio di una madre e di un padre, almeno, biologicamente sì, ma moralmente io sono quella “creatura”, come spesso vengo definita, che nasce quando un flusso interminabile di fughe e pregiudizi viene alimentato da intere società.

A proposito di andarsene via, io voglio marcare la sacrale importanza nel riconoscere che io non viaggio: io fuggo, scappo, abbandono la mia normalità diventando un barbaro d’anima perché una guerra interiore mi assale e perfora meticolosamente la mia psiche e il mio corpo. 

D’altronde mi vedete ogni giorno nei giornali, in tv, sui social, sono magro e scavato interiormente da quel mostro di astio che solo l’uomo è in grado di creare con la sua apparentemente infinita intelligenza.

Ecco, il danno è proprio quando la società stessa, racchiusa in figure estreme quanto folli, pensa di non avere limiti alle proprie catene schiacciando quelle briciole chiamate “minoranze”.

Sempre rimanendo nell’ambito della fuga, parola che mi è purtroppo cucita con il filo dell’ostilità e con l’ago della dittatura, mi sento in dovere di urlare all’umanità il dramma di vivere sospesi tra la vita, la salvezza, e la morte.

Infatti ogni giorno migliaia di persone come me vengono prese e obbligate a salire su una barca, quella dell’indifferenza, è questo il nostro destino.

D’altronde noi siamo briciole che insieme creano tanti mostri. 

Io non ho un colore, posso essere bianco, nero o olivastro, ciò non importa io sono e sarò comuqnue uno scarto sociale e il mio scopo è proprio quello di essere emarginato e continuamente forzato a spostarmi diventando un nomade d’anima che non può vivere a pieno la sua casa: il mondo.

Infatti io sogno, come tutti voi, forse anche più di voi, d’altronde l’assenza di equilibrio diventa per me essenza di desideri, io voglio essere cittadino: io sono persona di questa Terra, o sbaglio?

Può sembrare strano ma non è così per tutti.

Ed è proprio per colpa di questi sguardi selettivi e taglienti che i miei orizzonti sono demoliti e le mie aspirazioni prosciugate di significato.

Di fronte a questo non posso che reagire, mi dispero, la mia identità sta svanendo e non posso farci niente: l’onda inarrestabile del razzismo mi porta a scontrarsi con gli scogli dell’esclusione in modo da uscire completamente dalla società, a diventare trasparente.

“Alla fine i parassiti vanno eliminati".

Questa frase, questa pietra, questa tomba di umanità è un ciclo destinato sempre a ripetersi e tormentare qualunque persona decida di scappare da un teatro disastroso.

Prima gli italiani in America, poi i meridionali al nord, per non parlare degli albanesi al sud e ora per la maggiore persone provenienti dall’africa.

Ecco, tutte etichette e nomignoli: meridionale, africano, nero, clandestino, wop (italiano immigrato in america); tutto fatto perchè la chiusura mentale di pochi non vuole ammettere l’universalità del gene umano: uno e unico ramificato in diversità che rientrano, però, nella stessa specie.

Però ciò è difficile da voler capire, l’odio attira più del bene, ma poi penso che in realtà colui che rifiuta l’immigrato sia solo una persona che sente il dovere di urlare contro a qualcuno in quanto è stato urlato a sua volta: un senso di vendetta che serve solo a sentirsi leggermente realizzati.

D’altronde questa è la società in cui tutti viviamo e in cui tutti dobbiamo sopravvivere adattandosi alla volontà di chi detiene maggiore importanza impedendo alle “briciole” di avere un loro spazio, anche se penso che è proprio in quelle piccolezze, in quei dettagli, che risiede il seme di un futuro.

Infatti il problema oggi è proprio che non si riesce a vedere oltre il proprio “territorio”, stiamo rendendo la società un composto disomogeneo di tante piccole unità che non riescono e non vogliono collaborare, e quindi la nostra idea deve diventare realtà e tutte le altre alternative sono l’errore assoluto.

Ormai siamo contemporaneamente dittatori e schiavi della nostra mente eliminando lo scambio e la cultura della democrazia.

Infatti se solo si imparasse a vedere l’immigrazione come un'occasione sociale e comune per arricchire uno stato di democrazia con uno scambio di culture e idee ci sarebbe una vera parità concreta nei fatti e non solamente narrata da alcune fazioni politiche.

Però questo è il mio presente, il mio passato e sarà il mio futuro: è come se fossi il “prescelto” di un qualche particolare gioco dove vinci se vieni schiacciato.

Ma questo non è giusto.

“Ognuno è artefice del proprio destino”, questo diceva Appio Claudio Cieco, politico e letterato romano, anche se ad oggi mi sento di dire che non è vero: la storia di queste briciole di cui vi sto parlando sono vite di persone che sono state trasportate senza volerlo dalla corrente dell’odio.

Di fronte a ciò, direte voi, che senso ha continuare a proseguire?

Ecco, quando non possiamo scegliere che percorso fare possiamo, però, scegliere come viverlo.

Infatti il mio desiderio è proprio che le mie urla siano uno spiraglio di luce tra le nubi, quel primo giorno d’estate, lo spartiacque tra un passato e un presente colmo di ferite ancora aperte e un futuro che sappia donare certezze e curare cicatrici e traumi.

Insomma, voglio essere salvezza anche se messo davanti ad una montagna di cattiveria e odio: metterò la mia vita in una missione, non rimarrò in silenzio potendo diventare così un viaggiatore, anzi, un pellegrino che trasmetterà ai popoli la vera e sana democrazia.

Sarò pellegrino di democrazia.

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Alessandro Micheloni

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