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GIUSTIZIA O VENDETTA?

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L’ergastolo a Filippo Turetta e Andrea Impagnatiello, in queste settimane, è stato oggetto di dibattiti, discussioni, ma anche polemiche e contestazioni, che hanno portato alla formazione di due schieramenti opposti.Da una parte troviamo un gran numero di persone che ritengono l’ergastolo una punizione giusta per chi ha commesso omicidi così crudeli, come quelli di Giulia Cecchettin, uccisa nel veneziano  con numerose coltellate dal fidanzato (Filippo Turetta) e di Giulia Tramontano, anch’ella vittima del fidanzato (Alessandro Impagnatiello) che la uccise nel milanese con ben 37 coltellate. Dall’altra invece un gruppo di persone pensa che l’ergastolo sia una punizione molto, troppo grave, anche più della pena di morte, perché toglie la libertà di vivere nella società, portando così ad una morte più lenta e ben più dolorosa, la “morte delle speranze” di un essere umano. La contrapposizione tra questi due schieramenti risale a molti anni fa, ma si è resa ancora più aspra negli anni più recenti, quando l’opinione pubblica è stata scossa da altri gravi episodi di femminicidio. Tra questi l’omicidio di Martina Scialdone nel 2023 e ancor prima quello di Lorena Quaranta nel 2020.Quest’ultimo ha inasprito ulteriormente gli animi, a causa di una sentenza controversa della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna all’ergastolo di Antonio De Pace, portandola a 24 anni di carcere, con l’assurda motivazione che non si era tenuto conto adeguatamente dello “stress da Covid” dell’omicida, una sentenza fortunatamente bloccata dal successivo grado di giudizio (Corte d’Assise d’Appello) che ha confermato l’ergastolo il 17 ottobre scorso.Tutte queste situazioni e le loro vicissitudini giudiziarie aprono le nostre menti e le nostre coscienze ad un sacco di domande a cui forse ognuno di noi potrà dare una sua, personale risposta:nel giudicare dobbiamo dare più importanza all’aspetto della punizione o a quello della riabilitazione?

l’ergastolo è una condanna “giusta”?

Chi ha commesso crimini così gravi deve avere ancora la possibilità di tornare a “vivere” liberamente?

Una pena così forte come l’ergastolo funziona come strumento di prevenzione per reati di questo tipo?

Considerando la situazione delle carceri in Italia, l’ergastolo può essere davvero considerato una pena così “inumana”?

Riteniamo che nelle carceri italiane, l’ergastolo non significa necessariamente “fine della vita”. In alcuni casi, i detenuti possono accedere a programmi di rieducazione o lavori utili alla società ed in uno Stato “civile” come il nostro anche all’interno del carcere non sono ammesse violazioni di altri diritti umani. Ma il carcere può davvero migliorare o riabilitare una persona che ha commesso un reato grave? E ancora, chi può davvero “permettersi” di condannare all’ergastolo una persona?Quali sono le doti morali che devono essere garantite da un Giudice? Un Giudice che poi può essere “smentito” con motivazioni anche banali da quello del grado successivo?È più giusto punire severamente togliendo la vita (pena di morte), oppure garantire una punizione che permetta al colpevole di riflettere sui propri errori?Ci piacerebbe approfondire questi aspetti con gli occhi di chi li ha vissuti o li vive in prima persona; risponderemmo diversamente a queste domande, fossimo un giudice, i familiari della vittima od infine il condannato?Nessuno, neanche lo Stato o un giudice dovrebbe avere il diritto/potere di decidere la vita di una persona: applicando l’ergastolo, lo Stato si abbassa al livello del criminale stesso, compiendo il più brutale e crudele dei reati: nessun cittadino può tenerne un altro in ostaggio, e l’ergastolo è un ostaggio legittimato dalla legge? Ma quali sarebbero le alternative, nemmeno la pena di morte porta alcun beneficio alla comunità, poiché invece di affrontare il problema alla radice, lo elimina in pochi attimi senza educare il prossimo a non commettere lo stesso errore. Bisogna ricordare che uccidere è sempre sbagliato, anche quando a uccidere è la legge. La pena scontata in carcere infatti è stata creata a scopo rieducativo e riabilitativo, con la speranza che non vengano compiuti nuovamente gli stessi errori.Ma nel caso dell’ergastolo qual è lo scopo del carcere, se non si può rieducare per reintrodurre? A quale scopo si educa qualcuno a qualcosa che poi non può mettere in pratica?Quali buoni propositi può porsi un detenuto se lo sforzo di migliorare non gli permetterà di cambiare la sua situazione? Il dibattito sull’ergastolo non è solo una questione giuridica, ma anche etica, che tocca il cuore della nostra idea di giustizia. Forse, la vera domanda da porsi non è se l’ergastolo sia giusto o sbagliato, ma quale tipo di società vogliamo costruire: una che si limita a punire o una che prova ad offrire anche una possibilità di riscatto?

Alessia Maria Bradac

Leonardo Pietralunga

Sasha Eli Tudurii

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