top of page

QUEL GIORNO 

gaza.jpg

Chi è nel bel mezzo di un rave party, chi invece sta dormendo o facendo colazione e viene messo sull’attenti dagli allarmi anti-bomba, chi invece viene quasi ammazzato dai terroristi o chi ammazza i civili e i genitori si congratulano con loro: questa è l’atmosfera delle rispettive parti del tragicamente famoso 7 ottobre 2023, un normale giorno come tutti gli altri, ma invece di essere un’alba di tranquillità diventa ben presto un’alba di sangue e di terrore. Quello che spaventa e inorridisce ancora di più è apprendere da registrazioni telefoniche documentate, che un ragazzo di Gaza che aveva partecipato al 7 ottobre, si era vantato con il padre di avere ucciso degli israeliani e il genitore rispose di esserne orgoglioso. Per cercare di capirlo (che non vuol dire “giustificarlo”!) bisogna addentrarci nella storia della guerra del Kippur: tra Hamas e Netanyahu, tra Palestina e Israele. Infatti l’eccidio è stato compiuto per celebrare proprio l’anniversario di quella guerra. Hamas, un’organizzazione islamica estremista militare, voleva iniziare una nuova guerra contro Israele, pur sapendo che l’avversario avrebbe fatto ricorso alla “legge del taglione”. Infatti, era risaputo che qualora fosse stata uccisa una persona israeliana per mano di Hamas, la conseguenza sarebbe stata l’uccisione di 37 palestinesi. Oggi proviamo a pensare a dove eravamo noi in quel terribile momento. Tutti se lo ricordano. Chi continuava la solita giornata inconsapevole di quello che stava accadendo, chi si trovava al rave ed è sopravvissuto, chi invece è stato lì pronto ad attaccare gli israeliani, perché nessuno potrebbe non ricordarsi dov’era in quella data dai mille festeggiamenti. Oggi ci chiediamo chi sostenere in questa guerra, ci domandiamo da che parte stare: da un lato, Hamas che in un attacco uccide 1200 israeliani in quel lontano giorno di anniversario della loro guerra, dall’altro la risposta di Israele e di “Bibi” Netanyahu, attuale presidente dello Stato di Israele, che uccide più di 40.000 palestinesi, attira a sé le attenzioni di Paesi vicini e allarga la guerra anche in Libano, in Iran e in Siria. Alla fine, quelli che pagano le conseguenze sono i civili che rischiano la vita o addirittura la perdono. In queste terre, sino ad oggi, il termine “pace” è solamente un ideale, perché in realtà lo scorrere della vita è sempre stato interpretato solo come una “tregua” più o meno prolungata. L’uomo non può disimparare ciò che ha appreso durante il corso della storia. Persone come Enzo Porpiglia, coordinatore delle emergenze per Medici senza Frontiere, nato in Calabria “solo” 35 anni fa, rischiano la loro vita per salvare il maggior numero di individui dalla morte e lo fanno senza distinzione di razza o di religione, senza discriminazioni, “solo” perchè credono ancora alla convivenza pacifica tra i popoli. Grazie a loro, i civili di Gaza hanno dei luoghi dove sistemarsi, hanno qualcosa da mangiare o da bere, possono essere curati o semplicemente possono dormire e riposarsi tra un bombardamento e l’altro. Ma siamo noi, come dicono anche le cantanti israeliana e araba Noah e Mira Awad, che dobbiamo fare la prima mossa! Con diversi strumenti possiamo fermare questo continuo ciclo di guerra e tensione: con le proteste civili, attività di sensibilizzazione nelle scuole e, perché no, anche grazie alla musica. Mentre questi due “Stati” lottano per la sopravvivenza del Paese, per l’espansione o per imporre i propri ideali, tante organizzazioni (Msf, Save the Children, Oms, Fao) stanno cercando di fermare questo conflitto, nonostante nove commissari ONU sostenessero, il 7 ottobre 2023, la causa del conflitto e giustificassero un intervento militare nella Striscia di Gaza. Se fossimo ancora qui fermi ad aspettare che succeda qualcosa tra i due fronti opposti, avrebbero già perso la vita altre migliaia e migliaia di persone. È necessaria una collaborazione tra Nazioni in modo che ci sia sempre un legame pacifico e collaborativo. Credo inoltre che il popolo palestinese, come pensa Noa, cantante israeliana, abbia il diritto di avere un suo Stato formalmente riconosciuto, in modo che non sia occupato da pensieri razzisti o dittatori, perché oltre ad essere una guerra tra Stati è anche una guerra di religioni: musulmana, che comprende Gaza, il Libano, l’Iran e molti Paesi vicini al conflitto, ed ebraica, Israele. Se l’uomo non avesse intrapreso la guerra saremmo destinati a degli obiettivi che vengono sempre più spesso rimandati ad un futuro irraggiungibile (Agenda 2030 o 2050)? Alla fine le guerre, l’inquinamento, il cambiamento climatico, la morte di un numero sempre più grande di persone, diventano parte di un processo che si concluderà con la distruzione della Terra. Le guerre smetteranno di abbattersi coi loro pesanti proiettili sulla pelle e sul corpo della Terra, o questi sfregi saranno la causa della nostra distruzione?Alla fine, l’uomo si rivelerà intelligente? Queste sono le domande che dovremmo formulare davanti ad un conflitto che va avanti da più di cinquant’anni, i cui missili non hanno ancora cessato di rimbombare nell’aria in quelle terre desertiche, ormai distrutte e desolate.

Leonardo Pietralunga

bottom of page