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E ADESSO?

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La mia reazione al 7 ottobre è sicuramente stata di orrore: vedere 1400 ragazzi, uomini, donne, bambini e vecchi ammazzati solo perché ebrei-israeliani mi ha sconvolto.

Leggere quello che è successo nei kibbutz e al rave party, sapendo che in alcuni casi è stato commesso da giovani ragazzi, è stato un pugno nello stomaco. Ogni volta che rileggo l’articolo che racconta i fatti del 7 ottobre, attraverso le testimonianze degli ebrei vittime degli attacchi e le intercettazioni dei terroristi che hanno compiuto l’operazione, non riesco a credere che l’uomo possa essere così crudele. Molti episodi di esecuzioni sono stati anche filmati dai terroristi e quindi le violenze commesse resteranno per sempre nei nostri occhi e fisse nella nostra memoria. Allo stesso modo quello che sta avvenendo a Gaza è qualcosa di mostruoso, un crimine di guerra quotidiano. A Gaza è difficile anche tener traccia del numero dei morti e le violenze su donne e bambini non accennano a fermarsi. Purtroppo vengono colpiti anche gli ospedali e gli edifici delle associazioni umanitarie. Nell’articolo che riporta la storia di Enzo, medico di MSF, possiamo constatare le condizioni tremende nelle quali vivono gli abitanti della Striscia, tra distruzioni e carenza di tutti i generi di prima necessità, comprese acqua e medicine. Ciò sta generando nel mondo una nuova preoccupante ondata di antisemitismo, poiché la reazione del premier israeliano Netanyahu non può essere considerata ormai solo autodifesa e rischia di confondere le responsabilità del governo con quelle del popolo israeliano, o addirittura del popolo ebraico in senso lato. Anche tra gli israeliani non mancano le critiche a Netanyahu. Nell’articolo che riporta la storia delle due cantanti Noa e Mira, la cantante israeliana, pur affermando che Israele ha diritto di difendersi ed attaccare Hamas, ritiene che il governo attuale sia corrotto e comunque violento, comandato da estremisti ed opportunisti. E’evidente che non tutte le ragioni stanno da una parte e non tutti i torti stanno dall’altra. Tradizionalmente le guerre ci sono quando ci sono due o più schieramenti organizzati armati che combattono, ma non quando un esercito bombarda un’intera popolazione civile perché magari nel mucchio prende qualche militante di Hamas. E’vero che Hamas ha dei battaglioni, ma non ha un esercito schierato. Si tratta di milizie terroristiche ben nascoste, che non si combattono con l’esercito e l’aviazione militare, ma con l’intelligence e i raid mirati. I sopravvissuti a tanto orrore saranno, presumibilmente, i terroristi di domani. Questo poiché, in quasi ogni famiglia di Gaza ci sono dei caduti o feriti, causati dalla guerra e quindi, molto probabilmente, i parenti cercheranno vendetta. Per i giovani palestinesi della Striscia, inoltre, è ormai impossibile o comunque molto limitata la frequenza alle scuole. Questo comporterà un basso grado di alfabetizzazione che è terreno fertile per l’ignoranza, elemento determinante per il fondamentalismo e la propaganda islamica. Un ultimo aspetto, che porterà soprattutto i giovani di Gaza a ritenere la lotta armata l’unica soluzione percorribile, è la mancata condanna e le inesistenti sanzioni da parte delle istituzioni internazionali nei confronti di Israele. La condizione dei palestinesi è molto differente, in base a dove si trovano. In Israele ci sono palestinesi che hanno gli stessi diritti degli ebrei israeliani. La condizione dei palestinesi è diversa invece nella Cisgiordania occupata e a Gaza, dopo il 7 ottobre. Ad oggi, purtroppo, non sembra ci sia da una parte o dall’altra alcuna classe dirigente pronta e preparata per gestire un dopo… Nel corso degli anni, si sono tentate diverse strade per arrivare ad una pace. Alla fine sono state ipotizzate più soluzioni.La soluzione a due Stati, ovvero “due Stati per due popoli”, è stata fino ad ora l’unica sulla quale si è cercato di costruire un processo di pace. La soluzione a uno Stato non è mai stata oggetto di trattative diplomatiche, ma è stata proposta da alcuni esponenti politici e intellettuali. In sintesi, prevede di fondare uno Stato unico nei territori di Cisgiordania, Gaza e Israele, con pari diritti per tutti i cittadini indipendentemente dalla loro appartenenza etnica e religiosa. Si è pensato sia a uno Stato centralizzato, sia a una federazione tra due territori semiautonomi. La soluzione giordana prevede il ritorno di territori della Cisgiordania alla Giordania, che l’ha controllata fino al 1967, e l’annessione israeliana del resto del territorio. L’opzione non considera la Striscia di Gaza, che dovrebbe diventare uno Stato a sé stante o essere annessa all’Egitto.Un’altra possibilità è l’annessione unilaterale israeliana.Israele non ha mai potuto annettere i territori occupati nel 1967 (tranne Gerusalemme Est) a causa della popolazione palestinese che vi risiede. Se annettesse la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, si ritroverebbe con una popolazione araba preponderante, alla quale dovrebbe garantire la cittadinanza, e cesserebbe di essere uno Stato ebraico. Se invece, dopo l’annessione, non riconoscesse la cittadinanza ai palestinesi, non sarebbe più uno Stato democratico.L'annessione non negoziata, non comporterebbe la fine del conflitto, ma lo renderebbe più aspro e avrebbe, inoltre, ripercussioni internazionali imprevedibili.La richiesta avanzata nella consegna, cioè quella di proporre possibili iniziative di pace, mi risulta molto complicata. Confrontandomi con i miei genitori,però, penso che la soluzione più moralmente ed eticamente accettabile potrebbe essere quella di un unico Stato. Un unico Stato nel quale entrambi i popoli si impegnino alla creazione di una società civile, democratica, che possa portare pace e prosperità. Sono convinto che sarebbero necessari molti anni ed il processo di integrazione sarebbe sicuramente complesso, ma penso che sia giunto il tempo che palestinesi ed israeliani debbano conoscersi e non avere paura gli uni degli altri. E’ il tempo di sostituire l’arma della fede con la fiducia reciproca. In tal modo le inimicizie e l’odio potrebbero essere sradicati, anziché semplicemente repressi. Questa opzione potrebbe sembrare irrealizzabile, però la storia ci insegna che popoli ed etnie differenti, che hanno avuto in passato grandi scontri e divergenze, possono convivere pacificamente lavorando per un comune futuro migliore. Posso ricordare, per esempio, tedeschi ed ebrei in Germania o bianchi e neri negli Stati Uniti. A conferma di questo, abbiamo visto anche l’esempio di Noa e Mira che collaborano e tengono concerti insieme (probabilmente migliorandosi).In conclusione, penso che l’unica soluzione debba essere la conoscenza reciproca: sviluppare e promuovere, in maniera disinteressata, l’incontro tra questi due popoli, che a mio avviso si assomigliano più di quanto si possa pensare.

Lorenzo Mantelli

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